Domenica 20 dicembre 2009 – ore 21.00
Auditorium RAI di Napoli
in ricordo del M.° Joseph Grima
Gustav Holst St. Paul Suite per archi
John Rutter Christmas Lullaby per coro e orchestra
Domenico Cimarosa Magnificat per coro e orchestra
Georg Friedrich Händel (attr.) Joy to the world per coro e orchestra
Georg Friedrich Händel Concerto grosso op. 6 n. 7 in si bemolle maggiore
Antonio Salieri Confirma hoc Deus per coro e orchestra
Simone Baiocchi Ave Maria per coro e archi
Georg Friedrich Händel Zadok the Priest, coronation anthem
Coro Polifonico Universitario di Napoli, Corale Polifonica ‘Regesta Cantorum’
Antonio Spagnolo direttore
Coro Universitario ‘Joseph Grima’, ‘Vocalia Ensemble’
Luigi Grima direttore
Domenica 20 dicembre, Auditorium RAI, ore 21.00, Joy to the world , sesto e ultimo appuntamento dell’Autunno musicale della Nuova Orchestra Scarlatti: un ricco programma sinfonico corale dedicato alla memoria di un musicista molto attivo e amato nella nostra città, scomparso dieci anni fa: Joseph Grima, grande animatore di quel mondo dei cori in grado di aggregare intorno alla gioia del far musica insieme pezzi di società ampi ed eterogenei, ben al di là dei consueti confini del classico. Un mondo che sarà rappresentato nel concerto, accanto alla Nuova Orchestra Scarlatti, da ben quattro cori legati in vario modo al suo ricordo: il Coro Polifonico Universitario di Napoli (www.cpu.unina.it), fondato dallo stesso M.° Grima, e la Corale Polifonica ‘Regesta Cantorum’ di Piedimonte Matese (www.regestacantorum.it), che Grima ha diretto, mentre oggi entrambi i cori sono diretti da Antonio Spagnolo; il Coro universitario ‘Joseph Grima’ e il ‘Vocalia Ensemble’, fondati e diretti da Luigi Grima, figlio di Joseph, nonché componente della Nuova Scarlatti.
Si parte con il vivace sapore neo-medievale e folk della St. Paul’s Suite per archi del compositore inglese Gustav Holst, celebre soprattutto per il suo grande affresco sinfonico The Planets. Scritta tra il 1912 e il 1913 per l’orchestra della St. Paul Girl’s School di Hammersmith (West London), dove Holst ricopriva la carica di direttore musicale, la St. Paul Suite, qui proposta nella sua originaria versione per archi, è ancora oggi fra le pagine più amate del repertorio di primo Novecento per la freschezza delle evocazioni sonore: attenzione in particolare alla danzante leggerezza del secondo movimento Ostinato: presto, e al Finale: allegro in cui Holst intreccia un ritmo di ballata popolare inglese (il “dargason”) con il suggestivo motivo di Greensleeves.
Si resta in ambiente anglosassone, passando ai nostri giorni ed entrando in pieno clima natalizio, con la dolce e sognante Christmas Lullaby per coro e orchestra di John Rutter, (classe 1945), musicista londinese assai attivo e prolifico nel campo della produzione corale in cui ha saputo incrociare con una formula eclettica ed estremamente gradevole la tradizione europea con i modi della popular song americana. Il brano di Rutter sarà eseguito dal Coro Universitario ‘Joseph Grima’ e dal ‘Vocalia Ensemble’ che saranno protagonisti anche delle due successive pagine in programma: il Magnificat di Domenico Cimarosa – dove una cura costante delle linee vocali si sposa alla severità dello stile religioso, lasciando spazio a squarci di gioia affettuosa e di calore melodico, tratti caratteristici di quella scuola napoletana del secondo Settecento di cui Cimarosa è esponente sommo – e, a completare la prima parte del programma, Joy to the world, una tradizionale e celebre carola che invita il mondo intero alla letizia per la venuta del Salvatore, su un testo inglese del primo Settecento adattato a una melodia comunemente attribuita a Händel.
La seconda parte del concerto si apre ancora nel segno di Händel, stavolta con una delle sue più brillanti pagine strumentali: il Concerto grosso op. 6 n. 7 in si bemolle maggiore, che esordisce con il gesto avvolgente e intimo del breve Largo iniziale, rivelatore della sempre cordiale intimità händeliana; poi, dopo uno splendido Allegro fugato in cui il contrappunto si espande man mano in un colorato e robusto stile concertante che già prelude alla sinfonia, ecco un Largo e piano che trasporta l’andamento compassato di un’aria di corte alla francese in un’onda di nostalgia melodica in bilico tra interiorità e sensualità, di alta temperatura lirica: questo ci ricorda che il sommo Sassone è essenzialmente un grande animale di teatro, tanto che a un certo punto sembrerà di sentir cantare una delle sue Cleopatre, Almirene, Rodelinde… Segue un Andante a passo di danza e infine, in omaggio alla sua seconda patria inglese, Händel chiude il suo Concerto con un movimento di Hornpipe, ballo popolare particolarmente diffuso nel XVIII secolo, e tuttora, fra i marinai irlandesi, e cosa riesca a farne con una geniale figurazione tutta scatti e sincopati è davvero da ascoltare.
Sarà poi la volta del Coro Polifonico Universitario di Napoli e della Corale Polifonica ‘Regesta Cantorum’, prima con una vigorosa pagina sacra di Antonio Salieri, Confirma hoc Deus, poi con una delicata e intima Ave Maria dei nostri giorni del compositore, direttore e organista Simone Baiocchi, e infine di nuovo con Händel e il suo Zadok the Priest, un coronation anthem, ovvero un inno di incoronazione composto in onore di Re Giorgio II nel 1727 e tuttora eseguito a ogni nuova investitura di sovrano britannico. Il testo è una parafrasi dell’episodio biblico dell’unzione di Re Salomone da parte del sommo sacerdote Zadok e del profeta Nathan; la musica incede in un’onda di compattezza e maestosità senza pari, dalla pulsazione iniziale degli archi all’esplosione di inaudita energia del primo ingresso del coro a piena orchestra, dalla scultorea affermazione ritmica sul «God save the King» alla fluviale perorazione finale dell’Alleluia. E’ il trionfo del grande stile händeliano, della sua vocazione infallibile e unica a trasformare un momento cerimoniale in un abbagliante evento di gioia e solennità musicale.