giovedì 25 ottobre 2018, ore 20.30
Conservatorio San Pietro a Majella
SALA SCARLATTI
P. Hindemith
Cinque pezzi per orchestra d’archi op 44 IV
D. Šostakovič
Cinque pezzi per due violini e archi*
*secondo violino solista Chiara Rollini
A.Piazzolla
Invierno porteño per violino e archi
F. Schubert
SINFONIA n. 3 in re maggiore, D. 200
Adagio maestoso – Allegro con brio, Allegretto,
Menuetto: Vivace, Presto vivace
violino Daniela Cammarano
NUOVA ORCHESTRA SCARLATTI
direttore Beatrice Venezi
IL CONCERTO
Il tedesco Paul Hindemith dopo aver attraversato il fuoco delle avanguardie del primo Novecento, evolverà nei primi decenni del secolo dalla solida concezione artigianale della ‘musica d’uso’ (Gebrauchsmusik) all’adesione all’anti-romanticismo e anti-espressionismo dell’estetica della ‘Nuova oggettività’ (Neue Sachlichkeit), per approdare infine a una ripresa delle forme pre-classiche e barocche basata su una riaffermazione della tonalità come ‘natura’, antropologicamente e scientificamente fondata, canone assoluto che ci metta al riparo dallo spaesamento dell’uomo contemporaneo. Lungo la via del suo ricchissimo catalogo (vocale, operistico, cameristico, sinfonico) Hindemith depura gradualmente il suo magistrale contrappunto – tra i più sapienti dopo Bach – dalle taglienti dissonanze di gioventù e ci conduce alla pacificazione armonica delle sue costruzioni mature, illuminate da una concettualità metafisica (come certi quadri di De Chirico). Nel mezzo di questo itinerario esemplare troviamo anche i Cinque pezzi per orchestra d’archi op. 44 del 1927, esercizi per ‘l’assieme strumentale’ (“für Instrumental-Zusammenspiel”). In queste pagine il razionale, serrato contrappunto ‘pedagogico’ e il meccanismo ritmico si convertono in un lirismo terso e profondo: il miracolo segreto di un sommo maestro della musica del XX secolo.
Composte da Astor Piazzolla tra il 1964 e il 1970 (originariamente per il proprio Quintetto con il bandoneon), Las cuatro Estaciones porteñas intrecciano felicemente tradizione colta, jazz e il ‘nuevo tango’ che apre il ballo originario a ritmi dilatati e polifonie sottili: stagioni porteñas perché legate all’atmosfera e agli aromi del grande porto di Buenos Aires, ed ecco subito l’ineludibile confronto con le Stagioni di Vivaldi, distanti più di due secoli e indissolubilmente legate ai colori di un’altra grande città di mare agli antipodi dell’Argentina: Venezia. Piazzolla, in un raffinato gioco ‘a chiave’ di affinità e di contrasti, cela frammenti melodici e ritmici delle Stagioni vivaldiane all’interno della trama strumentale delle sue Estaciones, stemperandoli in orizzonti più interiori che esteriori, ‘paesaggi d’anima’ calati in un clima che “non conosce i rigidi freddi europei, dove l’aria è costantemente densa e pregna di sensualità e la musica è attraversata dal più ampio spettro degli stati d’animo: dalla calma dolce o piena di dolore alla violenza della passione” (G. Scandola). Tutti colori che ritroviamo nell’onda alternante di abbandono e di furia dell’Invierno porteño, l’ultima delle Estaciones, la più amata.
Un manierismo elegante, malinconico e ironico a un tempo, è la cifra dei Cinque pezzi per due violini e archi di Dmitri Šostakovič (gli archi qui sostituiscono il pianoforte della versione originaria, in una trascrizione ad hoc per questo programma), bozzetti gustosi nella loro poetica brevità, sorridente tramonto di un artista e di un uomo attraversato – ‘anima e corpo’ – dalle tragedie del ‘900: ecco lo struggimento slavo del canto appaiato dei violini nel Preludio, il sapore un po’ antico un po’ viennese della Gavotta, il melodismo da popular song dell’Elegia, il lirismo lievemente stralunato (come in altre pagine analoghe) del Waltz, e infine la frizzante Polka, tra circo e cabaret.
A terzo millennio ormai fortunosamente varato (e a 190 anni dalla morte dell’autore) è giunta l’ora di dissolvere l’aura di sottovalutazione che ancora circonda i capolavori sinfonici giovanili di Franz Schubert. Perché se uno Schubert diciasettenne già schiude gli orizzonti infiniti e concentrici della Wanderung romantica in Lieder come la psichedelica Gretchen am Spinnrade (‘Margherita all’arcolaio’), ma nelle coeve Sinfonie guarda ancora a Mozart e, di più, ad Haydn, sarà sì prudentemente ‘classicista’, per dirla con l’autorevole Giorgio Pestelli, ma lo è (e chi a orecchie per intendere intenda) con un sorriso socratico di perfetta comprensione della forma classica che sa già di ironico distacco e superamento. E se proprio a proposito della Terza Sinfonia in re maggiore D. 200 (1815) si parla di spirito rossiniano, ciò è ben detto, poiché Rossini all’altezza dei primi lustri del secolo romantico, con il suo classicismo ‘inattuale’ (già ‘musica al quadrato’), è forse la cosa più moderna che l’Europa musicale abbia. Ancora pochi anni e Schubert porterà quello spirito e quel sorriso a danzare sull’orlo dell’abisso.
Daniela Cammarano ha imbracciato il violino all’età di 4 anni. Allieva del M.° Gigino Maestri, si è diplomata con il massimo dei voti e la lode presso il Conservatorio di Milano e ha intrapreso una poliedrica carriera di solista, camerista e prima parte in prestigiose orchestre, in Italia, Francia, Svizzera Portogallo, Germania, Olanda, Svezia, Romania, Giappone, Argentina, USA.
Collabora con musicisti quali P. Gulda, S. Gazeau, G. Pieranunzi, F. Fiore, A. Carbonare, G. Geminiani, F. Polidori, C. Radic, G. Andaloro, S. Braconi, B. Canino, E. Bronzi. Dal 2007 suona in organismi quali l’Orchestra Sinfonica della RAI di Torino, l’Orchestra del Teatro di San Carlo di Napoli, l’Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma, l’Orchestra del Teatro la Fenice di Venezia, l’Orchestra del Teatro della Scala e la Filarmonica della Scala, e si è esibita come solista con l’Orchestra Filarmonica di Sibiu e la Botosani Philharmonic Orchestra (Romania), i Solisti Aquilani e l’Orchestra Filarmonica del Conservatorio di Milano.
Nella sua attività cameristica, in qualità di secondo violino del Quartetto di Fiesole (2005-10), ha collaborato con artisti quali Pietro De Maria, Kostantin Bogino, Andrea Lucchesini, Andrea Nannoni, Oleksandr Semchuk, Danilo Rossi.
Dal 2009 suona regolarmente con il pianista Alessandro Deljavan, con il quale incide per la case discografiche BrilliantClassics ed Aevea. La Rivista Suonare News ha pubblicato nel gennaio 2017 un CD del Duo con le sonate di Elgar e Franck. Di notevole rilievo è stato il progetto Beethoven Experience che ha visto il Duo Cammarano/Deljavan, insieme alla violinista Victoria Mullova, eseguire l’ integrale delle Sonate di Beethoven. È docente di violino presso il Conservatorio Statale di Musica ‘A. Scontrino’ di Trapani.
Beatrice Venezi, nata a Lucca nel 1990, diplomata in Pianoforte sotto la guida del M.° Capelli, si è perfezionata con i Maestri Lucchesini, De Maria e Balzani. Ha studiato Composizione con il M.° Giani Luporini e Direzione d’orchestra con i Maestri Bellugi a Firenze, Gelmetti presso l’Accademia Chigiana di Siena e Parisi presso il Conservatorio ‘G. Verdi’ di Milano. Ha eseguito prime assolute di compositori italiani. Ha pubblicato saggi di musicologia. Ha diretto orchestre quali I Pomeriggi Musicali di Milano, l’Orchestra Bulgaria Classic, l’Orchestra e il coro del Teatro Bolshoi di Minsk.
Nel 2015 è stata insignita del ‘Premio Donna 8 Marzo – La Musica per la Vita’ dall’Associazione ASSAMI – Amici del Conservatorio di Milano. Nel giugno 2016 è stata nominata Assistant Conductor della State Youth Orchestra of Armenia. Nel luglio 2016 ha debuttato con successo di pubblico e di critica al Festival Puccini di Torre del Lago con la Turandot di Ferruccio Busoni; per lo stesso Festival nel 2017 ha diretto La Rondine del centenario. Nel marzo 2018 l’autorevole rivista Forbes l’ha inserita tra i 100 under 30 emergenti d’Italia. Dal 2014 collabora con la Nuova Orchestra Scarlatti.
biglietto € 14.00
PREVENDITA: presso i punti vendita ticketOnLine e su www.azzurroservice.net
Si consiglia l’acquisto in prevendita per usufruire dell’accesso diretto in sala.
Vendita: da un’ora prima del concerto al botteghino adiacente al Conservatorio.