Beethoven / Farrenc / Rimskij-Korsakov

Scarlatti Camera Young

Dialoghi musicali alla Federico II  2a edizione

 

Rassegna della Nuova Orchestra Scarlatti in collaborazione con

Marco Bizzarini, Enrico Careri, Simona Frasca, Maria Rossetti, Giorgio Ruberti,

docenti e ricercatori in discipline storico-musicali

del Dipartimento di Studi Umanistici, Università di Napoli Federico II

 

giovedì 11 aprile 2024 – ore 18.00

Napoli – Chiesa dei SS. Marcellino e Festo

 

L. van Beethoven

Quintetto per pianoforte e fiati in mi bem. magg. op. 16 

Grave Allegro ma non troppo, Andante cantabile

Rondò: Allegro ma non troppo

 

L. Farrenc

Sestetto per pianoforte e fiati in do minore op. 40

Allegro, Andante sostenuto, Allegro vivace

 

N. Rimskij-Korsakov

Quintetto per pianoforte e fiati in si bem. magg.

Allegro con brio, Andante, Rondò: Allegretto

 

 flauto Francesco Attore  oboe Pierdavide Falco  clarinetto Francesco Abate   fagotto Mario Brusini

corni  Luca Martingano, Angelo Falzarano

pianoforte  Elisabetta Furio

 

introduce il Professor Marco Bizzarini

Docente di Storia della musica e Musicologia presso l’Università Federico II

 

Un programma cameristico dedicato all’ensemble pianoforte + fiati, formazione che, per ricchezza di impasti timbrici possibili e risonanze preziose, promette grandi piaceri all’ascolto.

 Il Quintetto op. 16 di Beethoven, del 1796, è un’oasi di felice abbandono traboccante del “colore e della frenesia dei vent’anni”, come scrive Mario Bortolotto. Sulla scia della luminosa maturità dell’analogo Quintetto K. 452 di Mozart, il giovane Ludwig resta nel solco della tradizione ma tentando un linguaggio più sciolto, più moderno dove lo stile concertante si alterna a momenti solistici fortemente individuati sul piano espressivo, come per esempio nella bella perorazione del corno al centro del secondo movimento. Ecco l’apertura da serenata del mirabile Grave introduttivo che a tratti s’increspa di ombre e slanci protoromantici, ecco l’attacco giocondo dell’Allegro ma non troppo (che riecheggia la prima aria del Flauto magico), movimento di salda struttura classica, l’innocenza soave dell’Andante cantabile (vi si ravvisa l’eco dell’Aria di Zerlina) venata dalle amorose distensioni dei fiati, lo stacco baldanzoso dell’Allegro ma non troppo conclusivo (che ci ricorda Papageno).

Un autentico romanzo la vita di Louise Farrenc (1804-1875), nata Dumont, il romanzo di una donna, del suo indubbio valore, della sua personale battaglia per l’affermazione della parità di genere in campo artistico e intellettuale. Figlia d’arte (il padre, Jacques Edme Dumont era un rinomato scultore), la sua vocazione è così forte e precoce che i genitori decidono, nel 1819 quando Louise ha solo 15 anni, di farla studiare con Antonín Reicha, compositore boemo contemporaneo di Beethoven, di vasta esperienza mitteleuropea. Reicha insegna al Conservatorio di Parigi, ma probabilmente la ragazza studia composizione da privatista, perché all’epoca le porte del Conservatorio di Parigi sono chiuse alle donne. Nel 1842 quelle stesse le porte si spalancheranno per lei come titolare della prestigiosa cattedra di pianoforte, unica donna in tutto l’ ‘800 a conquistare una tale posizione, da cui eserciterà un indiscusso magistero didattico per un trentennio. Quando il suo Nonetto op. 38 (1849) ottiene una trionfale première con la partecipazione del grande violinista Joseph Joachim, finalmente il compenso di Louise viene parificato a quello dei colleghi uomini.

Nel Sestetto in do minore op. 40 del 1852 Farrenc fa senz’altro tesoro della lezione del maestro Reicha nel dialogo fluido e brillante tra i fiati, in raffinato equilibrio concertante con il pianoforte. L’Allegro iniziale ci trasporta in un clima di slanci romantici contenuti in forme classiche, e qui Louise guarda alla limpida lezione di Mendelssohn, arricchendola a tratti con passaggi armonici avanzati. L’Andante sostenuto si mantiene ligio alla tradizione, ma è personalizzato da un uso molto fine dei colori timbrici dei vari fiati. L’Allegro vivace finale riprende il clima di febbrile concisione mendelssohniana, in cui si più apprezzare il dialogo sempre vivo tra la tastiera e gli altri strumenti.

Il Quintetto per pianoforte e fiati in si bemolle maggiore, una pagina del 1876, è l’esito affascinante di un’intensa fase giovanile in cui Nicolaj Rimskij-Korsakov, futuro mago dei più sfarzosi colori orchestrali del sinfonismo russo, a poco più di vent’anni tempera l’energia della sua anima slava assimilando a suo modo la lezione del classicismo occidentale. Questo appassionante apprendistato lo ritroviamo negli accenti a tratti beethoveniani dell’Allegro iniziale, vitalissimo fin dall’attacco sincopato del fagotto. Il colore orientale si accentua nell’Andante, nel canto cullante avviato dal corno, che poi modula variato nell’intreccio polifonico, quasi bachiano, della sezione centrale ‘Fughetta’; (in questo movimento ci sono passaggi che sembrano anticipare in dimensione cameristica gli incanti fonici della grande orchestra rimskijana, quella di Shahrazād). Il Rondò finale ha poi un ritmo saltellante da danza slava arricchito da animati contrappunti e da quattro cadenze, rispettivamente di corno, flauto, clarinetto e pianoforte.

Biglietto per il concerto dell’11 aprile: € 5  acquistabile qui : https://www.azzurroservice.net/ o da un’ora prima del concerto al botteghino.