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La Nostra Sede

La Chiesa ed il Convento di Santa Maria di Betlemme vennero costruiti attorno alla metà del Seicento per un gruppo di monache domenicane riformate, ma non è noto il nome dell’architetto che ha eseguito i lavori. Il terreno era stato donato nel 1640 dal facoltoso marchese Carlo Tapia, uno dei più eminenti giureconsulti della sua epoca. Questi era proprietario, tra l’altro, di due palazzi uniti da un ponte nella zona di Napoli che oggi viene chiamata, con una leggera storpiatura del nome, Ponte di Tappia.
Il convento, nel quale erano accolte ragazze della buona società napoletana, veniva descritto come un luogo incantevole ed era famoso per la fertilità dei suoi giardini, per l’aria buona, per la veduta straordinaria, ed addirittura anche per la sua acqua, una delle più fresche di Napoli.
L’attuale aspetto della chiesa e del convento, la cui struttura oggi è molto deteriorata, si devono alla radicale ristrutturazione settecentesca, effettuata probabilmente con la partecipazione dell’architetto Mario Gioffredo, grande rappresentante del neoclassicismo napoletano.
La chiesa si presenta come un’ampia sala ad impianto centrale, realizzata sfruttando in modo estremamente razionale lo spazio disponibile. Conservava diverse opere importanti, delle quali al momento è visibile solo l’elegante altare maggiore, realizzato da Antonio Lucchese nel 1748 su disegno di Mario Gioffredo.
Nella cappella di destra vi era una meravigliosa tela, la Madonna del Rosario con Santi, dipinta da Giacomo del Po attorno al 1720. È stata rubata nel 1988 insieme ai quindici piccoli ovali che la circondavano, che raffiguravano i Misteri del Rosario, realizzati nella prima metà del Settecento da Domenico Antonio Vaccaro, uno dei maggiori esponenti del Rococò napoletano. Questi era un artista estremamente versatile, capace di esprimersi allo stesso tempo come architetto, come scultore e come pittore.
Sull’altare maggiore era la Natività, tela di rara intensità, dipinta attorno al 1750 da Francesco De Mura, attualmente tenuta in deposito per motivi precauzionali.
Il convento fu soppresso nei primi anni dell’Ottocento dal governo di Murat ed i suoi locali, espulse le monache, vennero utilizzati come caserma. Poi venne adibito ad asilo per vedove di militari e, dopo ulteriori vicende, attualmente i suoi ambienti in buona parte sono stati trasformati in abitazioni private. Il portale in piperno del convento, nonostante lo stato di degrado, conserva ancora il suo imponente aspetto originario.

Enrico Fagnano
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